Riassunto e analisi Calandrino e l’elitropia – Giovanni Boccaccio

La novella di Calandrino e l’elitropia fa parte della Terza dell’Ottava giornata del Decameron, in cui si narrano storie di beffe che reciprocamente ogni giorno si giocano uomini e donne. La narratrice di turno è Elissa.

Riassunto Calandrino e l’elitropia

Elissa non sa se la sua novella sarà divertente come quella precedente, ma la racconterà comunque confidando nel fatto che essa narra un fatto vero e piacevole. A Firenze vive un pittore chiamato Calandrino, uomo di estrema semplicità che è molto amico di altri due pittori di nome Bruno e Buffalmacco, dediti alle burle e assai più astuti del loro compagno che diventa spesso bersaglio dei loro scherzi. In città vive anche un giovane chiamato Maso del Saggio, piacevole e non meno astuto degli altri due, il quale sa dell’ingenuità di Calandrino e decide di prendersi gioco di lui. Un giorno lo vede nella chiesa di S. Giovanni, intento a osservare i dipinti e gli intagli del tabernacolo, e pensa che sia l’occasione propizia: si mette d’accordo con un altro uomo e insieme a lui inizia a parlare delle virtù di diverse pietre, avvicinandosi a Calandrino e facendo in modo che senta i loro discorsi. Il pittore è incuriosito e si avvicina ai due, chiedendo poi a Maso dove si trovino queste pietre dai poteri straordinari. Maso risponde a Calandrino che per la maggior parte si trovano in Berlinzone, nella terra dei Baschi, in un posto chiamato Bengodi dove si legano le vigne con le salsicce e si può acquistare un’oca per un denaro avendo in aggiunta un papero: qui si trova una montagna di formaggio sopra la quale gli abitanti gettano di continuo gnocchi e ravioli cotti in brodo di cappone, e vicino scorre un fiume di vernaccia senza una sola goccia d’acqua. Calandrino, affascinato, chiede cosa ne facciano dei capponi in quel paese meraviglioso e l’altro risponde che i Baschi se li mangiano tutti; alla domanda se Maso vi sia mai stato, l’uomo risponde di sì, una volta come mille. Calandrino chiede ancora se il paese di Bengodi sia lontano, al che Maso spiega che dista un numero imprecisato di miglia (“più di millanta”), inducendo l’altro a credere che sia più lontano dell’Abruzzo. Calandrino crede a tutte le fandonie di Maso e dichiara che vorrebbe visitare quel paese, che però è troppo lontano per lui: chiede tuttavia se intorno a Firenze vi sia qualcuna di quelle pietre dalle virtù eccezionali e Maso spiega che a Settignano e a Montisci ci sono delle pietre da cui si ricavano le macine, che servono a produrre la farina (esse sono preziosissime nel paese di Bengodi, dove invece abbondano gli smeraldi). Esiste poi una pietra chiamata «elitropia», dotata di straordinari poteri in quanto, se uno se la mette sul capo, non può essere visto dove non è: Calandrino chiede dove sia questa pietra e Maso spiega che ce ne sono molte presso il torrente Mugnone, aggiungendo che le dimensioni possono variare ma sono tutte di colore nero. Soddisfatto Calandrino si congeda da Maso e decide di andare in cerca dell’elitropia. Calandrino vuole mettere i suoi amici Bruno e Buffalmacco al corrente dei suoi progetti, quindi li cerca lungamente in quanto ansioso di mettersi in cerca dell’elitropia: li trova infine nel monastero femminile di Porta Faenza, dove i due lavorano, e svela loro il segreto che ha appreso da Maso del Saggio. Propone agli amici di recarsi subito al Mugnone a cercare la pietra, prima che la trovino altri, perché essa permetterà loro di diventare ricchi: basterà mettere la pietra in borsa, diventare invisibili, andare alle tavole dei cambiavalute che sono sempre piene di monete d’argento e fiorini d’oro e prenderne quante vorranno senza essere visti. Bruno e Buffalmacco iniziano a ridere tra sé per l’ingenuità dell’amico, ma fingono meraviglia e si dicono d’accordo, anche se Buffalmacco vuol sapere il nome di questa pietra meravigliosa. Calandrino lo ha già scordato, ma rammenta che è di colore nero ed esorta gli amici ad andare subito a cercarla, senza perdere altro tempo. Tuttavia Bruno osserva che non è il momento adatto per andare al Mugnone, perché il sole è ancora alto e potrebbe far sembrare tutte le pietre bianche, senza contare che lì ci saranno dei lavoratori che potrebbero capire le loro intenzioni; molto meglio andare domenica mattina, quando si potranno distinguere le pietre bianche dalle nere e non ci sarà nessuno intorno. Calandrino è d’accordo e i tre si danno appuntamento alla domenica successiva, mentre il primo raccomanda agli altri due di non dire nulla a nessuno poiché questo segreto gli è stato rivelato in confidenza e gli amici progettano la beffa ai suoi danni. Giunta finalmente domenica, Calandrino si alza all’alba e si unisce ai due compagni, coi quali esce dalla Porta di San Gallo e raggiunge il Mugnone, dove i tre iniziano a cercare la pietra. Calandrino raccoglie tutte le pietre nere che trova e le mette in seno, così che in breve lo riempie tutto: gli altri due fingono di prenderne anche loro, mentre l’amico continua la raccolta e, per portare via ancora più pietre, le infila nel lembo della veste che assicura alla correggia e in seguito fa lo stesso col mantello. Quando Bruno e Buffalmacco vedono che Calandrino è carico di pietre e che si avvicina l’ora di pranzo, come d’accordo fingono di non vedere più il compagno e di cercarlo ovunque, anche se è lì vicino a loro. I due affermano che Calandrino li ha beffati, conducendoli a cercare una pietra che non esiste, mentre lui ora dev’essere tornato a casa sua e li ha lasciati lì come due sciocchi: l’amico, sentendoli parlare così, crede di aver trovato l’elitropia e di essere davvero diventato invisibile, perciò pensa di tornare in città senza dire nulla agli amici e si allontana. Bruno e Buffalmacco naturalmente lo vedono e il primo, fingendosi adirato per lo scherzo subito, dice che se vedesse Calandrino lo prenderebbe a sassate, e intanto tira un ciottolo che colpisce l’altro in un calcagno: Calandrino trattiene un urlo di dolore per non svelare la sua presenza e si allontana, mentre Buffalmacco raccoglie un’altra pietra e imita Bruno, colpendo nuovamente Calandrino. La cosa si ripete fino a quando i tre giungono alla Porta di San Gallo, dove i gabellieri, d’accordo con i due compagni di Calandrino, lo lasciano passare fingendo di non vederlo. L’uomo prosegue fino a casa sua, che si trova vicino al Canto della Macina, e non incontra quasi nessuno visto che è ora di pranzo. Entrato in casa, Calandrino trova la moglie Tessa (donna bella e di gran valore) che lo attende in cima alle scale: questa lo rimprovera aspramente in quanto è tornato tardi e l’ora di pranzo è passata da un pezzo, e Calandrino capisce che ovviamente la moglie lo ha visto. L’uomo crede che l’incantesimo della pietra si sia spezzato a causa della donna, quindi sale di corsa le scale, getta le pietre a terra e inizia a colpire Tessa con calci e pugni, mentre a nulla valgono le preghiere e le implorazioni di lei. Bruno e Buffalmacco, intanto, sono giunti con passo lento a casa sua, sentono che sta picchiando la moglie e lo chiamano: Calandrino si affaccia dalla finestra e dice loro di salire, cosa che i due fanno trovando le molte pietre a terra e Tessa accovacciata in un angolo, tutta pesta e sanguinolenta. I due si fingono sorpresi e ironizzano sul fatto che Calandrino sembri voler costruire un muro con tutte quelle pietre, quindi chiedono cosa sia successo: l’uomo, stanco e ansimante, non riesce subito a rispondere, mentre i due lo accusano di averli condotti a cercar l’elitropia e poi di averli lasciati al Mugnone come due idioti. Ritrovato il fiato, Calandrino spiega di aver trovato la pietra e di essere diventato invisibile, spiegando poi di essere tornato a casa e mostrando i segni delle sassate tirategli dai due: arrivato a casa la moglie ha tolto la virtù portentosa alla pietra, perché le donne hanno la capacità malefica di annullare gli incantesimi, per cui è grande il suo desiderio di picchiarla ancora e perfino di ucciderla. L’uomo sembra voler ricominciare la battitura, ma i due amici lo trattengono e gli spiegano che la colpa è sua, non della moglie, poiché sapeva che le donne fanno perdere le virtù delle pietre e nonostante questo si è mostrato a lei; in realtà è giusto che sia andata così, o perché la fortuna non doveva essere sua o in quanto ha ingannato i suoi compagni non rivelandogli di aver trovato l’elitropia. Dopo che Calandrino si è riappacificato con la moglie, i due se ne vanno lasciando lui triste e la casa piena di pietre.

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Analisi: Calandrino e l’Elitropia

Personaggi: Calandrino, Bruno, Buffalmacco, Maso del Saggio, Tessa. Luoghi: Firenze

  • Calandrino è un personaggio reale, pittore pre-giottesco il cui vero nome era Giovannozzo di Perino e il cui soprannome deriva dalla sua professione (il «calandrino» era una squadra di legno usata da pittori e scalpellini). Anche Bruno e Buffalmacco erano pittori vissuti a Firenze: il primo si chiamava Bruno di Giovanni d’Olivieri, l’altro Bonamico di Cristofano.
  • Il protagonista è presentato come un uomo semplice, talmente ingenuo da credere a tutto ciò che gli viene raccontato, ma anche come un disonesto che vuole usare il potere dell’elitropia per arricchirsi rubando il denaro ai cambiavalute: anche quando crede di aver trovato la pietra non ne fa parola agli amici per non dividere con loro la sua scoperta, quindi la beffa che subisce è la giusta punizione per la sua slealtà. Qui l’autore celebra l’ingegno e l’astuzia che prevalgono su chi è sciocco e sprovveduto, specie in quanto Calandrino fa di tutto per essere oggetto di un inganno (il paradosso è che i suoi due amici fingono che sia stato lui a imbrogliarli, e alla fine lo rimproverano per questo). Inoltre il finale della novella mostra il lato violento del protagonista, che picchia furioso la moglie e forse la ucciderebbe se non fosse fermato dai due amici: emerge in parte un aspetto misogino dell’autore, che risalterà assai più nelle opere successive al Decameron.

Qui il testo

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Infine…

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2 Risposte a “Riassunto e analisi Calandrino e l’elitropia – Giovanni Boccaccio”

  1. Ciao,
    Intanto grazie per il commento. Purtroppo non viene specificata la durata della novella, però se non ricordo male non supera di certo una giornata.

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